DA WIP ARCHITETTI UNA PROPOSTA PER IL RILANCIO DEL TURISMO NAUTICO

Intervista di Andrea Mancini -Superyacht International n. 73, Primavera 2022, all’Ing. Paolo Viola-WIP Architetti

Il problema della portualità nautica in Italia è, notoriamente, uno dei freni allo sviluppo di questo settore produttivo italiano che, negli ultimi anni, è stato protagonista di una crescita che, con 6 miliardi di euro (dati presentati ora, a marzo, da Confindustria Nautica all’evento Road to Expo Dubai), lo ha portato a rappresentare oltre il 2% del prodotto lordo Italiano. E stiamo parlando solo dell’industria nautica propriamente detta. Se poi pensiamo all’indotto che la barca genera in termini di turismo e servizi, la cifra può tranquillamente raddoppiare o triplicare, soprattutto tenendo conto del cosiddetto turismo di alta gamma legato alla nautica ed agli yacht più grandi che spesso navigano nelle acque italiane ma non hanno porti e banchine in grado di accoglierli.

E le prospettive di crescita, anche al netto della recente guerra in Ucraina che sta sconvolgendo l’ordine mondiale, si spera rimangano quelle espresse dal responsabile dell’Ufficio Studi di Confindustria Nautica, Stefano Pagani Isnardi, che in occasione dell’ultimo Salone di Genova ha affermato che “i grandi cantieri hanno ordini per almeno i prossimi tre anni e l’unica difficoltà che ci può essere sarà quella di gestire questo quantitativo di ordini in modo da consegnare le barche senza penali, in modo puntuale, con i clienti contenti.” Sarà stato anche effetto del Covid e dell’ossessione dei contagi che ha generato il desiderio di una vacanza più “isolata” e meno “assembrata”, fatto sta che gli ultimi saloni nautici di Genova e Cannes dello scorso autunno sono stati letteralmente travolti dagli espositori e dai visitatori, dalle presentazioni dei prodotti e dai dibattiti su ogni argomento, anche il più curioso, che avesse a che fare con le barche o con i porti. Insomma, tutti hanno avuto voglia di mare e di barca, tanto che a fine anno non c’erano più barche in vendita, né nuove né usate. Ma resta il problema dei posti barca e dei porti dedicati al turismo nautico, porti belli ed in posizioni turisticamente attrattive, dotate di servizi adeguati. Probabilmente, come dicevamo all’inizio, il principale problema della nautica italiana rispetto al quale WIP Architetti ha elaborato un “Piano per la rinascita del turismo nautico”. WIP Architetti è una importante società di progettazione con un organico di oltre settanta professionisti fra architetti, ingegneri, urbanisti ed urban designer, paesaggisti, sociologi urbani, ecc. che, tra le sue tante attività, si occupa anche di infrastrutture portuali. I progettisti del suo team hanno redatto, negli anni, i Piani Regolatori Portuali di importanti porti commerciali come Catania, Messina, Crotone, Termoli, ecc. e realizzato porti turistici come Lignano Sabbiadoro in Friuli e Loano in Liguria.

Proprio in quest’ambito la società ha sviluppato un interessante piano per il recupero di alcuni fra i tanti porti sottoutilizzati, o addirittura semiabbandonati, presenti lungo le coste del nostro bel paese, soprattutto al sud. Porti spesso nel cuore di cittadine storiche o vicino a siti turisticamente attrattivi, porti dove una volta attraccavano le grandi navi commerciali e da carico e, pertanto, dove sono già presenti, in toto o in parte, quelle infrastrutture portuali che permettono l’attracco anche degli yacht più grandi. Insomma, una proposta per valorizzare il settore del turismo nautico indirizzata, in primo luogo, agli enti locali e tutti quei soggetti politico-amministrativi che hanno la possibilità di fare proposte e progetti per investire le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma anche a tutti gli operatori del settore e tutti i diportisti.

In rosso, sulla cartina alcuni fra i porti individuati da WIP Architetti per il “Piano per la rinascita del turismo nautico”

La vostra proposta nasce dalla mancanza di posti barca dedicati alla nautica: ma quali sono i numeri?

Se nella produzione di barche – e soprattutto dei cosiddetti superyacht – il nostro paese non teme concorrenza, nelle attrezzature per accoglierle – i porti – siamo in un ritardo abissale. In teoria non ne mancherebbero: abbiamo ben 780 porti e approdi lungo gli oltre 7.000 chilometri delle nostre coste ma di questi solo 85 hanno i servizi dei veri porti turistici, i cosiddetti marina, mentre dei 160.000 posti barca di cui è dotato il Paese, solo 44.000 sono decorosamente ed efficacemente attrezzati e di questi, in grado di accogliere imbarcazioni che superino i 40 m di lunghezza, ve ne è una miseria. In generale, se ci paragoniamo ai vicini paesi del Mediterraneo, abbiamo 2.37 posti barca per 1.000 abitanti contro i 2.80 della Spagna, i 3.87 della Francia, i 4.48 della Croazia e fra non molto saremo surclassati anche dal Montenegro e dall’Albania! Anche la distribuzione dei porti lungo le nostre coste non è soddisfacente: meglio nel nord Italia, peggio nelle regioni meridionali e nelle isole. Abbondanti lungo il Tirreno, lasciano più a desiderare nell’Adriatico (per non dire dello Jonio, che ne è praticamente privo). Negli anni passati questo tipo di analisi era realmente rappresentativo del mercato della nautica da diporto perché la flotta italiana che solcava i mari, e che necessitava di ormeggi comodi e sicuri, era quasi interamente contenuta fra i 10 e i 15 metri fuori tutto e dunque i primi marina realizzati nel decennio 1970/80, e poi ancora fino alla grande crisi del 2008, erano stati concepiti giusto per queste classi di imbarcazioni. Oggi però tutto è cambiato e sta ancora cambiando.

Si riferisce all’aumento degli yacht di grandi dimensioni?

Esattamente. Se le imbarcazioni da 10 a 15 metri riescono ancora a trovare ormeggi, soprattutto in nord Italia, anche grazie a lavori di riorganizzazione e di rigenerazione dei porti turistici esistenti, maggiore difficoltà incontrano le barche più grandi, quelle tra i 20 e i 30 metri, mentre risulta quasi totalmente scoperto il segmento delle imbarcazioni che vanno oltre quella misura nonostante sia il segmento che sta crescendo tumultuosamente in tutto il mondo ed anche nel nostro Paese. Le unità da diporto che superano i 24 metri stanno subendo una incredibile impennata e l’Italia è fra le prime nazioni al mondo, per numero e qualità, nella loro produzione, con un prezzo che può variare, orientativamente, fra 600.000 e 1.400.000 euro al metro lineare. Parliamo di quelle che normativamente sono definite navi da diporto, ovvero le imbarcazioni di lunghezza superiore ai 24 metri convenzionalmente chiamate SuperYacht (dai 45 ai 60 m), MegaYacht (dai 60 agli 80 m) e Giga Yacht (oltre gli 80 m). Per ragioni di clima, di ambiente, di paesaggio, queste “navi” frequentano principalmente due mari, il Mediterraneo e i Caraibi. Il primo è ovviamente frequentato per lo più da navi europee, il secondo da navi americane che tuttavia spesso scelgono di stazionare nel Mediterraneo perché più tranquillo e vario, mentre le navi europee navigano il Mar dei Caraibi saltuariamente, per qualche vacanza.

Dunque, le imbarcazioni più grandi e più belle navigano il Mediterraneo ma sono costrette a tenersi alla larga dall’Italia perché non vi trovano ormeggi, banchine cui accostare, posti barca attrezzati per farvi svernare gli equipaggi?

Non solo. In Italia vi trovano anche un’importante attività di refitting, anche di alta qualità, ma perennemente alle prese con l’impossibilità di tenere all’ormeggio o a secco più navi in attesa di essere lavorate e quindi con grandi disagi organizzativi, sia per i cantieri che per le navi (il costo a stagione che viene impegnato per il fare il refit di un superyacht è mediamente pari al 10% del suo valore di vendita).

Può darci un’idea dell’impatto economico anche dell’indotto generato dall’ormeggio di un superyacht?

In media ogni toccata di un superyacht “scarica” sul territorio circostante circa 11.000 euro al giorno per servizi di ristorazione, accoglienza, turismo, sport, noleggio, ecc. Parliamo di attività indotte di alta qualità che portano sviluppo economico, opportunità di lavoro, crescita del territorio, scambi culturali di elevato valore. Pensiamo sia giusto favorire ed incoraggiare questo tipo di turismo e di attività anche combattendo quel pregiudizio molto pesante nei confronti del turismo nautico esistente nel nostro paese, un pregiudizio ideologico e un po’ pauperista.

Porto di Licata: nato per un piano di sviluppo industriale che non è mai decollato, oggi viene utilizzato solo in minima parte per l’ormeggio di piccole imbarcazioni

Una volta limitato alle barche in generale, negli ultimi anni si è focalizzato nei confronti di qualsiasi imbarcazione cabinata (emblemi di vacanze per pochi eletti!) e ora, più che mai, nei confronti dei grandi yacht. Chissà perché non esiste un preconcetto nei confronti degli alberghi di lusso, delle grandi ville, degli esclusivi campi da golf, neppure di fronte agli aerei e agli elicotteri privati, ma esiste questo diffuso preconcetto nei confronti delle meravigliose (anche se non sempre, a dir la verità!) “navi” da diporto. Eppure, è noto che, molto più spesso di quanto non si creda, queste navi sono dei veri resort naviganti di lusso, oggetto di investimento da parte di fondi e di società specializzate, offerte sul mercato per occasioni di rappresentanza, e dunque di lavoro, di alto standing.

Porto Nuovo di Crotone: ha una lunga storia, legata prima alla produzione agricola poi
allo sviluppo industriale della Calabria catanzarese. Oggi è scarsamente utilizzato

Facendo un calcolo molto approssimativo sulla base dei dati fin qui ricordati, possiamo dare un peso a quanto può rendere al territorio circostante un metro lineare di banchina destinato alle grandi Navi da diporto: se un superyacht di 50 m, il cui valore medio può essere orientativamente 50 milioni di euro, “scarica” quotidianamente sul territorio 11.000 euro occupando 10 m di banchina, abbiamo che un metro di banchina può produrre mediamente 1.100 euro al giorno.

Se ipotizziamo un’occupazione della stessa banchina del 50%, otteniamo che un metro lineare di banchina “produce” un indotto di 1.100 x 365 x 0,50 = 200.000 euro circa all’anno .

Cento metri di banchina dedicata ai superyacht possono generare un indotto complessivo di

oltre 20 milioni di euro all’anno!

Veniamo ora alla vostra proposta di sviluppo della portualità turistica. Si tratta di una proposta operativa ben inquadrabile nei vari piani di “sviluppo per il sud”, piani nazionali di “ripresa e resilienza”, piani di “coesione territoriale”, “zone economiche speciali”, ecc. oggi in pieno fermento: il “Piano per la rinascita del turismo nautico”, come è stato battezzato dai suoi promotori, consiste nella creazione, lungo l’intero arco delle nostre coste, a partire dal mezzogiorno, di un sistema di darsene o porti attrezzati per l’ormeggio di navi da diporto da 24 a 100 metri ed oltre, complete di servizi alle navi (refitting, manutenzioni, rifornimenti, ecc.) e di servizi alle persone (alberghi, sanità, attività commerciali, servizi professionali compresi quelli necessari alle famiglie degli equipaggi, il tutto possibilmente nell’ambito dei fatidici “15 minuti a piedi”) adeguati agli standard dei loro utenti, ben sapendo che venti otrenta grandi yacht ormeggiati in porto hanno lo stesso peso insediativo di un medio condominio ma un peso socioeconomico ben più elevato sulla collettività, grazie alla quantità e alla qualità dei servizi richiesti e da soddisfare.

Cosa prevede il piano?

L’idea è quella di riutilizzare infrastrutture esistenti, senza impattare sul paesaggio e l’ambiente con nuove megastrutture. Su questa base il piano prevede di realizzare in porti esistenti –spesso poco o male utilizzati – ambiti o darsene dedicati alle “navi da diporto”, riorganizzando e riordinando le banchine e i servizi a terra, creandone se necessario di nuovi insieme alle forze locali più vivaci, costituendo e formando operatori specializzati del settore, avendo cura di intervenire in modo positivo ed armonioso sulle consolidate realtà dei borghi e delle città marinare di cui è ricca l’Italia, e soprattutto evitando di “consumare” altri suoli ed altri tratti di costa. L’obiettivo è individuarne uno per ciascuno dei mari che circondano la nostra penisola – Tirreno settentrionale, Tirreno Meridionale, Jonio, Adriatico meridionale, Adriatico settentrionale – e metterli in rete.

Marina di Punta Faro a Lignano Sabbiadoro (Udine): realizzato negli anni ’70 e ’80, agli albori dello sviluppo della nautica da diporto in Italia, fu progettato inizialmente per 1.800 barche lunghe fino a 15 m. Oggi ne accoglie 1.200 lunghe fino a 40 m.

Non farne ghetti ma luoghi aperti sia verso mare (in porti condivisi con barche di ogni tipo) che verso terra (con gli yacht ormeggiati a spazi urbani, ameni, attrezzati per il ristoro e per le attività del tempo libero), sì da creare veri e propri quartieri urbani dove possano integrarsi equipaggi, residenti e turisti. Un piano, quello che ci state raccontando, che prevede dei tempi medio lunghi di realizzazione, rispetto ai quali è necessario tener conto delle future trasformazioni legate alla sostenibilità ambientale.

Mi riferisco, in particolare, ai carburanti e propulsioni alternative che, inevitabilmente, si diffonderanno anche nel mondo della nautica, piccola e grande, a partire da un carburante come l’idrogeno e dalla propulsione elettrica. Cosa prevedete su questo tema?

Nei limiti del possibile cercheremo di progettare e realizzare banchine e piazzali con impianti molto evoluti. Ma è evidente che la tecnologia evolve in continuazione e non si può far altro che rincorrerla. Operando su strutture esistenti i problemi spesso sono molto complicati. Ma, come dicevo, non resta che spingersi il più avanti possibile.

Ci sono dei porti, in Italia o all’estero, dove quest’esperienza è già stata fatta?

Nel Mediterraneo non credo che recentemente siano stati realizzate importanti trasformazioni; anche perché normalmente i porti sono al completo e difficilmente modificabili. Il caso del nostro Mezzogiorno è particolare, e oggi rappresenta una ghiotta opportunità facendo

sposare l’evoluzione del turismo nautico con storici ritardi nello sviluppo. Mi piace però ricordare che quando progettammo il nuovo porto di Loano, partimmo da un porticciolo che accoglieva un modesto numero di barche di piccole dimensioni e lo trasformammo in uno dei porti più importanti della costa ligure con una banchina attrezzata per i superyacht. Ed eravamo ancora negli anni novanta! E poi c’è il porto di Montecarlo che, come si sa, è in continua trasformazione per accogliere navi sempre più grandi.

Avete già individuato qualche porto?

Nel nostro piano, ad esempio, stiamo studiando – oltre a qualche porto siciliano – il riutilizzo delle infrastrutture portuali di Gallipoli e di Barletta. Per questi porti possiamo anticipare che abbiamo verificato che si potrebbero ormeggiare – con modesti interventi – rispettivamente 30 e 60 navi da diporto lunghe dai 40 ai 100 m ed oltre. Per evidenti motivi di riservatezza, al momento non possiamo dare ulteriori informazioni. Il vostro piano prevede recupero di infrastrutture pubbliche, utilizzo del territorio, sviluppo di servizi, tutti temi che vanno portati avanti con il coinvolgimento dei vari attori pubblici competenti, enti locali, ministeri, agenzie. Ma anche comunità locali, imprenditori privati, etc.

Quali iniziative avete previsto?

La divisione “Marina & Waterfront Design Team” della Wip Architetti sta lavorando da tempo su questi temi. In particolare, per questo ed altri progetti, ha costituito MDN – Marinas Development Network, una rete di studi e società professionali specializzati nelle discipline necessarie ad affrontare un piano tanto complesso quanto necessario – e sta promuovendo in diverse regioni una serie di seminari di studio per coinvolgere il mondo della politica e della cultura, della finanza e dell’imprenditoria.

Marina di Loano (Savona): realizzato negli anni ’80 e ’90 ampliando un porticciolo comunale.
Accoglie circa 1.000 imbarcazioni e dispone di una banchina specificamente attrezzata (una delle prime in Italia) per l’ormeggio di 35 Superyacht lunghi fino a 77 m.

Per creare più ampie sinergie, e per tenere aperto il dialogo con ogni potenziale operatore, pubblico o privato che sia, intendiamo ritornare sul tema con incontri distribuiti nel tempo e nei luoghi che hanno maggiore vocazione al turismo nautico.

Non è difficile, si può fare; se qualcuno è interessato a questo ambizioso “Piano per la rinascita del turismo nautico” batta un colpo perché c’è spazio per tutti .

A sinistra, Port Hercule di Montecarlo: uno dei porti del Mediterraneo più attrezzati per l’ormeggio dei superyacht. Accoglie 700 posti barca, compresi Giga Yacht da 100 m ed oltre.

In questa foto, il porto Tivat in Montenegro: il porto turistico più moderno ed attrezzato del basso Adriatico. Accoglie 450 navi da diporto lunghe fino a 150 m ed oltre.

Un’ultima domanda legata, purtroppo, alla stretta attualità: ritenete che la guerra in Ucraina che sta sconvolgendo il mondo possa mutare lo scenario che avete descritto ed i vostri piani?

Quando si parla di porti, così come di altre infrastrutture mediamente importanti, parliamo di investimenti a medio lungo termine. Non possiamo non credere e non sperare che il conflitto in corso abbia una durata limitata e che, dunque, i suoi effetti sul turismo nautico si manifestino in tempi inferiori a quelli di sviluppo del nostro “Piano di rinascita del turismo nautico”.

RESPONSABILE MARINAS& WATERFRONT DESIGN TEAM : ING. PAOLO VIOLA WiP ARCHITETTI
GIORNALISTA :ANDREA MANCINI

PUBBLICATO SU: Superyacht International n. 73 – Primavera 2022

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