Sono anni ormai che il BIM stravolge la progettazione architettonica ed impiantistica a livello sia nazionale che internazionale e WIP-architetti non è da meno. Già attiva nella disciplina architettonica, lo studio si appresta ad una forte accelerazione dalla progettazione impiantistica tradizionale verso la piena digitalizzazione dei processi.
L’opera architettonica digitalizzata trova nell’ambito impiantistico una grande fonte di arricchimento perseguendo il concetto sempre meno idealistico e più concreto della progettazione integrata. Le parole chiave, tra le tante, sono INTEROPERABILITA’ e QUALITA’: gli attori delle diverse discipline condividono informazioni durante tutto il processo costruttivo (dal concept alla realizzazione in cantiere), lavorando su un unico modello che non è solo una mera rappresentazione tridimensionale dell’opera ma un vero e proprio database utile anche per la gestione del manufatto durante tutto il ciclo di vita (permette, infatti, una gestione energetica ottimale ed una più mirata programmazione delle manutenzioni).
L’emergenza COVID ha evidenziato come questo nuovo approccio alla progettazione può rappresentare una efficiente e valida alternativa quando si parla di SMART WORKING. Parlare di BIM vuol dire, tra le tante definizioni esistenti, parlare di collaborazione interdisciplinare: tutte le informazioni sono contenute in un ambiente di lavoro accessibile da qualsiasi postazione in qualsiasi parte del mondo. Nato per ottimizzare costi e gestione, il BIM ha trovato e troverà ancora più consensi nell’ambito delle costruzioni per gli innumerevoli vantaggi nonostante il lavoro svolto a casa. La drammaticità dell’emergenza ha fatto comunque emergere le potenzialità del BIM: lavorare da remoto, in più persone sullo stesso progetto non altera la qualità del prodotto finale, anzi ci potrebbero essere anche vantaggi. Si possono, infatti, creare nuove opportunità legate al personale (non più collaboratori scelti per disponibilità territoriale premiando maggiormente il merito piuttosto che la reperibilità) e alla responsabilizzazione di quest’ultimo (progettista e disegnatore che si fondono in un’unica figura).
Questo discorso vale per tutte le fasi e le discipline che fanno parte del processo edilizio, architettonico ed impiantistico che si fondono, dialogano e collaborano. Il modello MEP (impianti elettrici e meccanici di climatizzazione, idricosanitari e di scarico) completa di fatti il modello architettonico: le due discipline integrate, comunicano e dipendono l’una dall’altra già dalle prime fasi di progettazione, riducendo se non addirittura controllando sia i rischi che i costi. Il modello completo, oggetto di controllo delle interferenze sia visivamente che grazie a potenti software ingegneristici, permette di ottenere, attraverso un flusso di lavoro aperto e trasparente, un prodotto di qualità a 360 gradi. Solo grazie ad una visione d’insieme è possibile, infatti, valutare la coerenza dimensionale e spaziale sia delle strutture che degli impianti nella costruzione.
L’obiettivo dichiarato del BIM MEP è quello di progettare gli impianti su un unico modello (lo stesso della disciplina architettonica) eseguendo contemporaneamente sia la parte di rappresentazione grafica che di calcolo e dimensionamento. Creare un Protocollo interno per discipline (che regoli l’iter procedurale e l’organizzazione delle informazioni) ed una libreria da cui poter attingere i diversi componenti che costituiscono gli impianti, potrebbe ridurre notevolmente le tempistiche delle varie pratiche, traendo benefici dal punto vista economico e di produttività. È possibile arricchire il modello con molti elementi impiantistici (quadri elettrici, tubazioni, macchine, generatori di calore, fasci di cavi, passerelle) anche scaricabili dai siti dei vari fornitori sul mercato.

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Marco Splendore

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